Il distretto tessile-abbigliamento di Carpi è riuscito ad affrontare nell’arco degli anni cambiamenti anche molto radicali, sia in termini produttivi sia dal punto di vista delle aziende che lo compongono. Oggi potrebbe essere paragonata ad una macchina circolare per maglieria che, sebbene lavori con metodo, fatica a funzionare al meglio. Già perchè molte aziende, soprattutto i grandi nomi, decidono di produrre all’estero. E’ così che il destino delle aziende sub-fornitrici, la grande maggioranza, vedono le proprie fabbriche sotto-utilizzare i macchinari che possiedono e dimezzare i propri dipendenti per rimanere a galla nel difficile e complesso mercato della moda e abbigliamento.
Rispetto a 20 anni fa il fatturato dell’area è salito da 900 milioni a 1,4 miliardi (fonte IlSole24Ore). In termini reali, però, il numero delle aziende è dimuito, tanto quanto il numero di addetti. Si calcolano 1110 aziende con poco più di 7mila dipendenti. Sono i “big” del distretto a sviluppare più della metà dei ricavi globali, in costante aumento. Questi ultimi sono realtà di enorme successo, sicuramente un vanto per la nostra città, se non fosse che ora, con il terremoto e i suoi danni strutturali importanti, è ora di aiutare e aiutarsi. La crisi economico-finanziaria globale, inoltre, non fa che accentuare ulteriormente il divario esistente tra chi è in grado di internazionalizzare e di chi invece è troppo “piccolo”per farlo. A pagarne il prezzo sono soprattutto i subfornitori, i quali sono costretti a dimezzare i tempi di produzione ed essere sempre più veloci, oltre che ridurre i costi di realizzazione del prodotto per rimanere competitivi nei confronti della spietata concorrenza asiatica. Il problema si fa più ampio quando gli stessi cinesi aprono aziende nel nostro territorio e pretendono di sotterrare diritti fondamentali in termini di etica del lavoro e di norme sulla concorrenza.
Fin dal lontano 1500 quando Carpi ha iniziato a lavorare il truciolo e realizzare cappelli in paglia le aziende fornitrici rappresentano il cuore e l’anima del distretto. Il pronto moda Made in Carpi ha da sempre garantito dinamicità e flessibilità adottando come modello di business il conto terzi e il lavoro a domicilio. Riuscendo a realizzare nella stessa stagione numerosi campionari e anticipando le tendenze rispetto alla vendita, il cavallo di battaglia del distretto carpigiano è la capacità di interpretare la moda con rapidità.
Se molte aziende importanti hanno triplicato il proprio fatturato negli ultimi anni e sono cresciute in modo esponenziale sul mercato internazionale lo devono a queste realtà piccole ma efficienti. E’ soprattutto grazie alla loro fatica e al sacrificio quotidiano se marchi come Blumarine e LiuJo sono considerate oggi tra i grandi nomi del fashion business. L’appello è da rivolgere al sistema moda, alle associazioni di categoria, alle amministrazioni locali, le quali devono essere in grado di garantire futuro, crescita e sviluppo tramite la creazione di reti d’impresa e formazione, dalle quali non è più possibile prescindere. E’ inoltre bene chiedersi come mai certe idee e iniziative come il Campus della Moda non siano state in grado di dare il contributo necessario al distretto e alla sua crescita. Le risposte a queste domande sono da ricercare al proprio interno; è inutile coinvolgere professionisti di fama nazionale se non si è in grado prima di ascoltare le voci di aiuto che vengono dal basso.
La sfida è adesso.