E’ stata un’esperienza toccante quella vissuta al Cinema Corso per l’incontro intitolato “Il coraggio di ri-cominciare”, organizzato dall’Ufficio per l’educazione e la scuola della Diocesi di Carpi con Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi.
Il commissario Calabresi fu una delle prime vittime degli “anni di piombo”, caduto sotto i colpi di pistola di alcuni terroristi rossi appartenenti a Lotta Continua, dopo un’intensa campagna diffamatoria nei suoi confronti da parte in particolare di buona parte dell’intellighenzia italiana. L’accusa rivolta al commissario era quella di essere colpevole della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della questura di Milano nella quale era stato convocato come testimone su fatti collegati alla strage di Piazza Fontana, avvenuta tre giorni prima.
Ma dove molti coverebbero solo odio e rancore, Gemma Capra ha “trovato la forza di andare avanti e di crescere tre figli nel ricordo del padre, con la stessa gioia di vivere che mi ha accompagnata facendomi apprezzare le cose belle della vita”.
Diverse le domande poste dai numerosi studenti, provenienti da diverse scuole superiori di Carpi, Mirandola e di alcune altre città delle Provincia di Modena, domande alle quali la vedova Calabresi ha risposto con una forza d’animo e una serenità che ha colpito tutti.
Ecco alcune delle domande poste dagli studenti:
Che uomo era Luigi Calabresi?
“Era un “romanaccio” pieno di umorismo e amore per la vita. Era un uomo pieno di fede che si impegnava fino in fondo nel proprio lavoro cercando sempre il dialogo con i ragazzi che in quel periodo ricadevano nella spirale dell’odio e della violenza”.
Come avete vissuto in famiglia i mesi precedenti all’attentato?
“Si prendevano piccoli accorgimenti ma a quel tempo eravamo giovani con molta gioia di vivere e di certo non si pensava che ci potesse succedere qualcosa di grave. Anche se, dopo la morte di Gigi (noi usavamo chiamarlo così in famiglia) venni a scoprire diverse lettere minatorie che mi aveva nascosto per non farmi impensierire”.
Come ha affrontato la morte di “Gigi”?
“Quella mattina ero a casa da sola ma non sentii gli spari. In seguito mi raggiunsero molte persone ma tutti tergiversavano sull’accaduto. Solo il parroco, con un filo di voce e senza muovere le labbra, mi disse che era morto. A quel punto rimasi disorientata e ogni cosa perse senso; eppure sentii una forza dentro me: la fede in Dio. Da quel momento la fede, che prima mi era stata semplicemente tramandata, divenne realmente parte di me e per assurdo questa tragedia mi ha migliorata dandomi prova che Dio esiste”.
Come ha educato i figli dopo l’omicidio e chi l’ha aiutata dopo questa tragedia?
“Questa vicenda mi spinse a crescere i miei figli con la mia stessa gioia di vivere, senza odio e rancore che, altrimenti, non farebbero apprezzare le cose belle della vita. Poi un tempo non c’era molto sostegno psicologico, infatti fu la mia famiglia ad aiutarmi, anche economicamente”.
Prova ancora rancore nei confronti degli assassini?
“Quello del perdono è un cammino lungo, possibile solo se fatto col cuore. C’è una frase che mi è rimasta impressa ed è quella che disse Gesù sulla croce “perdona loro perché non sanno quello che fanno”; quella stessa frase che mia madre scelse per il necrologio di Gigi”.
Avete mai parlato in famiglia di Giuseppe Pinelli?
“Mio marito conobbe Pinelli e ci parlò spesso perché dubitò fin da subito del suo coinvolgimento con la strage di Piazza Fontana. Siamo stati strumentalizzati perché in fin dei conti noi, come la famiglia Pinelli, abbiamo perso un padre e un marito. Fui felice di poter abbracciare la vedova Pinelli che incontrai nel 2009 nel Giorno della Memoria su invito del presidente Napolitano”.
“I primi giorni avevo molta paura e mi guardavo intorno, diffidente di tutto e tutti. Con Mario, che aveva sette anni, fui diretta, forse troppo, ma era giusto che i miei figli sapessero la verità”.
Dopo più di 40 anni sente ancora suo marito vicino, soprattutto nelle sue scelte?
“Si certo lo sento vicino e ci parlo sempre, chiedendogli aiuto su ciò che faccio”.
A metà incontro è poi intervenuto anche il Vescovo di Carpi Mons. Francesco Cavina, che ha tenuto un breve discorso nel quale ha elogiato la forza d’animo di Gemma Capra, dichiarando: “Questo è un modello di come ci si possa risollevare da esperienze drammatiche vivendo comunque bene attraverso l’amore per la vita”. Il Vescovo ha poi invitato i giovani a tener sempre ben presente questo importante insegnamento.
Gemma Calabresi ha poi voluto concludere questa intensa mattinata con un appello rivolto ai giovani presenti invitandoli a “non lasciarsi mai scoraggiare da chi afferma che non c’è futuro per loro, poiché il futuro è nelle loro mani”.