Con la fine della “parentesi tecnica” del Governo italiano e l’acuirsi nel contesto europeo di una stagnazione economica che si protrae oramai da anni, in molti tra esperti e non esperti di economia iniziano a chiedersi se la politica “rigorista” attuata nel vecchio continente sotto la sollecitazione in particolare della Germania, sia davvero la soluzione giusta al problema dell’oramai arcinoto e mass-medialmente assillante tema della “Crisi Economica”.
I sostenitori del rigorismo hanno spesso citato come esempio per sostenere la loro tesi l’immagine di un nucleo famigliare che, dopo anni di opulenza, si ritrova improvvisamente in ristrettezze economiche ed a dover letteralmente “tirare la cinghia”, rinunciando a gran parte delle proprie spese e dei “lussi” che fino ad ora si era concessa con l’obbiettivo di far “quadrare i bilanci di casa”. Una immagine calzante, un obbiettivo sensato che tuttavia, come accade spesso nella storia del genere umano, è finito per essere stato portato troppo oltre inficiando così non solo le necessità di “sopravvivenza” dietro a questa filosofia, bensì anche a precludere le ben più anelate speranze di “Ripresa”.

Yamamoto Tsunetomo (1659 – 1721)
Nel suo “Hagakure” testo dedicato ad una summa del pensiero ideale dei samurai, ovvero di quella classe di figure storiche da sempre considerate l’incarnazione dell’assoluta “rigidità ideologica”, Yamamoto Tsunetomo muove critiche a coloro che predicano la necessità di un rigore continuo e costante. “I pesci non vivono nell’acqua limpida” scrive il guerriero, sostenendo invece come alghe, fanghiglia ed impurità consentano ai pesci di nascondersi alla vista dei predatori garantendo così loro la sopravvivenza.
Riflettendo su queste parole che pur venendo da un contesto culturale e temporale lontano palesano la loro carica universale, proviamo a riprendere l’esempio della famiglia in difficoltà. Tagliare le spese inutili è imperativo, ma anche portare il risparmio all’eccesso può rivelarsi altrettanto disastroso per un bilancio già provato. Alcune spese saranno difatti necessarie; non solo quelle per la mera sopravvivenza fisica, ma anche quelle per trovare nuove opportunità di lavoro e reddito ed uscire così dalla propria condizione di indigenza.
Sarà difatti necessario acquistare il carburante per recarsi ad un ufficio di collocamento, destinare una somma per testi o corsi dove apprendere nuove conoscenze e capacità utili ad un nuovo impiego, sostenere gli studi dei figli in previsione della loro entrata nel mondo del lavoro ecc.
Senza queste necessarie “impurità”, il mare dell’economia non può che trasformarsi in una pozza di acqua “stagnante” da cui i pesci, dibattendosi disperati, non saranno più in grado di sfuggire.