Nella giornata di oggi a Prato è stato dichiarato il lutto cittadino a seguito del rogo del capannone-dormitorio in cui hanno perso la vita sette persone.
In quell’azienda queste persone dormivano e lavorano giorno e notte, tra di loro c’era anche un bambino di quattro anni fortunatamente scampato alle fiamme.
Subito dopo questa tragedia è partito il solito balletto di dichiarazioni istituzionali che dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in giù denunciavano e condannavano questa situazione, piangevano quei morti, sprecavano i “mai più“.
Ma questo lutto cittadino è pura ipocrisia. A Prato come qui in Emilia tutti sapevano e tutti sanno. Le amministrazioni comunali, provinciali e regionali, i rappresentanti dello Stato, i sindacati, chi dovrebbe avere il compito di controllare: tutti sapevano e tutti sanno.
Chi lavora nelle zone industriali vede questa gente, sa come lavora, eppure lo Stato accetta tutto questo perché è corrotto. E la rabbia oggi non è rivolta a quegli uomini e a quelle donne che lavorano per un niente in condizioni squallide, la rabbia è verso chi permette colpevolmente questa situazione.
Chi consente al sistema delle aziende irregolari cinesi di restare in piedi lo fa in spregio del fatto che esso, oltre a calpestare i più basilari diritti, sta mettendo in ginocchio le nostre imprese e sta devastando la nostra economia.
Così, mentre tutto questo viene tollerato il nostro Stato massacra chi lavora onestamente infliggendo ai lavoratori tasse insostenibili, controlli, multe, follie burocratiche e quant’altro.
E dove sono oggi quei politici che si sciacquano sempre la bocca parlando di diritti e di lavoro? Con che coraggio questi signori oggi piangono queste persone mentre nello stesso istante migliaia di aziende di quel tipo continuano a lavorare in quel modo, con quegli stessi rischi?!
Dobbiamo aspettare un altro rogo per piangere ancora? Per dichiarare un altro lutto cittadino in modo da lavarci la coscienza, fingendo davvero che ce ne freghi qualcosa di quelle persone, della loro morte o, peggio ancora, della loro vita?
La colpa è di questo Stato corrotto, ma alla fine la cosa più triste è che, piaccia o no, questo Stato siamo noi.