In un’epoca connotata da un estremo individualismo come quella attuale, gli ideali utopici degli hippies degli anni Settanta possono risultare utopici, ma non per questo meno affascinanti. E’ forse questo il motivo del successo del documentario “Lisola” di Matteo Parisini, che racconta di una comune libertaria e cattolica che è esistita tra il 1978 e il 1992 a Sasso Marconi, proiettato lo scorso sabato 12 aprile presso l’auditorium della Biblioteca “Loria”, in chiusura della rassegna “Come in uno specchio”.
Il progetto nasce da un viaggio che sei trentenni, figli dei fondatori della comune, hanno condotto nei luoghi che ne hanno visto l’ideazione ed il tramonto, per ricostruirne le finalità e le problematiche, intervistando i diretti protagonisti della vicenda.
Lisola (senza apostrofo, così come la chiamavano i bambini), consisteva in un modello di vita condivisa, nello stesso casolare di campagna, dove vivevano sei famiglie e, nel corso degli anni, hanno transitato una cinquantina di persone. Molte di loro erano credenti, dato che l’idea iniziale era partita dal cappellano di Sasso Marconi, Don Carlo, ma la comunità è sempre stata molto aperta anche verso gli atei.
Vi abitavano famiglie di diversa estrazione sociale, tutte accomunate, dopo il lavoro extra domestico, dall’impegno agricolo, volto alla coltivazione del podere di loro proprietà, da cui ricavavano prodotti da vendere ai negozi e al mercato locale o presso feste organizzate periodicamente presso la casa.
I sei protagonisti, che si sentono ancora fratelli di famiglie allargate, raccontano di essersi sentiti disorientati e infelici al termine dell’esperienza della comune, nonostante poi abbiano compreso che la gestione della vita quotidiana e delle fatiche lavorative era ormai diventata insostenibile per i loro genitori. Quattro dei fondatori de Lisola hanno narrato al pubblico la loro esperienza, dopo la proiezione, illustrandone la dimensione chiaroscurale ed evidenziando l’importanza di riscoprire nell’attualità nuove forme di condivisione e dialogo, per non chiudersi in un pericoloso isolamento.
Un messaggio coraggioso e condivisibile, al di là di ogni ideologia e che potrebbe aiutare anche le generazioni più giovani a trovare nel confronto e nei valori del pluralismo una democrazia reale.