Nella rappresentanza della nostra categoria c’è chi straparla e chi fa parlare altri al posto suo. Il punto saliente però non è chi parla ma cosa dice e cosa, insieme a chi fa parlare altri, vorrebbe fare intendere.
Per fortuna la CNA-Fita si esprime ufficialmente e regolarmente attraverso i suoi comunicati stampa mettendo nero su bianco ciò che pensa e soprattutto quello che viene condiviso tra le imprese associate.
Nei giorni scorsi qualche cespuglio della Conftrasporto si è affrettato a dire che, in un incontro avvenuto in Confetra, “CNA-Fita… ha dichiarato di essere d’accordo ad abolire i costi minimi di sicurezza”. In realtà sull’argomento abbiamo smesso di pronunciarci da quando, ottenuta la legge, è stato constatato che non era risolutiva e applicabile come avremmo voluto. Perché? Forse per la ragione che, un attimo prima, una parte della nostra associazione aveva con forza rappresentato in ogni confronto, interno ed esterno, con le altre rappresentanze dell’autotrasporto.
CNA-Fita da subito stigmatizzò il rischio che una forzatura del mondo vettoriale sull’83bis avrebbe rischiato di impantanare l’intero impianto nel magma legale delle vertenze o peggio ancora dei ricorsi tra le Istituzioni dello Stato. E così è purtroppo avvenuto.La nostra associazione, su questo passaggio molto delicato per la categoria, ha subìto una profonda spaccatura, riassorbita in tre anni che hanno voluto rappresentare semmai un recupero del buon senso in nome di una saggezza antica.
Come si dice “sbagliare è umano, diabolico perseverare”. Nella rappresentanza dell’autotrasporto c’è molto del diabolico volere di chi, ancora non sazio, si ostina, per non dire si diverte, a far commettere sempre gli stessi errori portando le nostre imprese all’esasperazione ma soprattutto indebolendone sempre di più il loro ruolo e identità.
Metterci nella condizione di vedersi impugnare l’83-bis e i costi minimi di sicurezza, perché considerate dall’Antitrust delle tariffe anticoncorrenziali, e ostinarsi in tal senso fino alla spada di Damocle del giudizio della Corte di Giustizia Europea che mantiene tutto rigorosamente immobile e inutile, con il rischio di perdere anche la legge, non è il miglior modo di aiutare le imprese di autotrasporto. Chi ha inteso perseverare ha mantenuto le aziende ferme nelle strade come nelle rivendicazioni.
Da anni vengono aumentate le tasse sui carburanti e di conseguenza il prezzo del gasolio lievita, però non è questa una ragione sufficiente per rivendicare un cambiamento perché tanto abbiamo i costi minimi. Ogni anno ci tartassano con aumenti percentuali a due cifre dei pedaggi autostradali però, anche qui, dove le tariffe sono sì anticoncorrenziali e imposte, l’unitarietà della rappresentanza delle imprese è andata nel verso opposto, addirittura reagendo indispettita rispetto alla nostra richiesta al Ministro Lupi di escludere l’autotrasporto da quegli aumenti ingiustificati e vergognosi. Quella stessa rappresentanza, unita nel nome del sacro vincolo dell’unitarietà, nelle attuali condizioni di crisi, avrebbe voluto che le imprese di autotrasporto dimostrassero il requisito di capacità finanziaria nell’ordine di 50 mila euro con fidejussione bancaria alla mano. Non parliamo poi delle assicurazioni o del Sistri altri temi dove l’unitarietà delle rappresentanze ha mostrato una bislacca aderenza alle autentiche istanze delle imprese.
Questo andazzo ha costretto la categoria in fermi dei mezzi assurdi perché privi di qualche finalità concreta, ha portato a continue proclamazioni che hanno reso ridicola anche la stessa minaccia di fermo, ma soprattutto ha rotto il dialogo con la nostra controparte naturale che sono le imprese di produzione.
Allora a chi ci accusa di essere addirittura contrapposti all’unitarietà rispondo che la sua Unitarietà con la “U” maiuscola non corrisponde all’unitarietà con la “u” minuscola a cui teniamo in CNA-Fita.
La prima vede unite certe rappresentanze, la seconda invece vede unite le imprese di autotrasporto nella richiesta pressante di affrontare i veri problemi irrisolti. Chi, con l’Unitarietà, ha mantenuto immobile la categoria, nella pace sociale come nel fermo selvaggio e inconcludente, ha voluto unicamente tappare la bocca agli imprenditori che, ogni giorno, si scontrano con il peso di interessi consolidati, quelle famose lobby, che non vogliono alcun cambiamento.
In cambio L’Unitarietà delle rappresentanze ottiene finanziamenti a pioggia che ancora una volta arrivano alle imprese con il conta gocce. Anche su questo fronte la CNA-Fita ha richiesto trasparenza ma soprattutto una scelta che trasformi tali risorse in strumenti diversamente spendibili ogni anno e in modo diretto. Questo è quanto chiedono le imprese, gli imprenditori, chi guida il camion come professionista o chi è l’unico responsabile di un’impresa e dei suoi dipendenti.
Pure sul cabotaggio l’Unitarietà con la “U” maiuscola è afona e si nasconde dietro la richiesta di sempre maggiori controlli che, come sanno tutti, sono pochi e colpiscono in gran parte sempre e solo le imprese italiane, quelle che pagano comunque e che non creano problemi.
Per chi oggi si sorprende che la CNA-Fita abbia partecipato ad un incontro in Confetra, dove vi fosse anche Trasportounito, evidentemente non si è accorto che CNA-Fita incontra la committenza di Confindustria e di Confetra, periodicamente, da oltre un paio di anni considerando il dialogo un fatto qualificante per le relazioni tra imprenditori. L’ultimo protocollo cemento, firmato con la confindustriale Aitec sta lì a dimostrarlo.
Alle insinuazioni spuntate di qualche zelante servitore, si risponde con la trasparenza e la forza delle idee, un mix che CNA-Fita, in questi ultimi tre anni, non ha fatto mai mancare al dibattito e al confronto nel nostro settore.
In certa Unitarietà abbondano i nani e le ballerine che confondono spesso i fatti mistificandone la reale portata. Solo per educazione a loro faccio notare che a quell’appuntamento, Trasportounito, ci andava per ufficializzare il suo accasamento in Confetra, mentre CNA-Fita, era presente con il suo responsabile nazionale, Mauro Concezzi, per portare avanti il confronto che, tra imprese, è doveroso, come stiamo facendo, ricordo, da oltre un biennio.
Lo abbiamo fatto prima e continueremo a farlo anche domani senza perdere di vista chi siamo e chi rappresentiamo sia quando ci si trova insieme con la committenza sia quando si siede in presunti contesti Unitari.
Oggi si fanno “accordi preventivi di consultazione” forse convinti che prevenire sia meglio che curare. Noi rimaniamo persuasi che, nelle attuali drammatiche condizioni, si debba curare e basta e per questo siamo pronti al confronto, nel merito dei problemi, con tutti.
Chi, nella rappresentazione Unitaria della categoria, si agita, forse indispettito perché non è presente ai tavoli per contribuire al confronto, se la prenda solo con se stesso. Poteva prendervi parte due anni prima. E comunque CNA-Fita è ben lieta se Uggè, o chi per lui, vorrà unirsi al dialogo con la committenza.
Per il resto CNA-Fita continuerà nella ricerca di possibili soluzioni, fermo restando alcuni principi basilari e imprescindibili, come la corresponsabilità, i tempi di pagamento, la migliore gestione dei costi massimi, la trasparenza e il contrasto al radicamento della criminalità organizzata.
Cinzia Franchini
Presidente nazionale CNA-Fita