Risale al primo di luglio una notizia che ha fatto (e che fa tutt’ora) preoccupare le imprese del belpaese. La notizia che ha fatto sobbalzare gli imprenditori riguarda l’ulteriore inasprimento del pagamento del canone Rai per i possessori di tutte quelle apparecchiature, quali ad esempio comunissimi impianti di videosorveglianza, potenzialmente in grado di ricevere il segnale televisivo e quindi soggetti alla “tassa” del canone.
Più che giustificata è stata la protesta contro il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi da parte delle associazioni di categoria quali Lapam Confartigianato e Confesercenti, secondo le quali appunto è ingiusto e paradossale accollare ad un esercizio il pagamento del canone Rai, che oscilla tra i 200 e i 6800 euro ( e quindi molto più “salato” del normale), su strumenti utilizzati dalle imprese a scopo lavorativo, e non certo per guardare la televisione, lasciando l’impressione che possa trattarsi di un ulteriore metodo con cui lo Stato cerca di “fare cassa” in modo indiscriminato e senza tenere conto delle problematiche che già si trovano a vivere le pmi italiane.
Nonostante chi vi sta scrivendo creda che la Rai vada privatizzata in toto al fine di garantire maggiore concorrenza tra aziende del settore televisivo, è però altrettanto legittima l’opinione di chi invece pensa che lo Stato debba essere un attore attivo nel mercato televisivo appunto. A tal proposito tuttavia, sarebbe logico, pensare di effettuare, grazie al supporto di un’autorità come quella dell’Antitrust, un ridimensionamento dell’azienda pubblica, ad esempio razionalizzando le sedi regionali Rai, potenziando e promuovendo le emittenti locali per quanto riguarda questa tipologia di informazione.
Dal canto nostro non possiamo che seguire gli sviluppi di questa anomala vicenda tutta italiana, tenendovi aggiornati e augurandoci, che almeno un volta alle nostre imprese sia risparmiata un’ulteriore (ed assurda) tassa mascherata.