Grande appuntamento quello di stasera nel corso della trasmissione Epicentro Sportivo andata in onda su Radio 5.9. L’ospite odierno è stato Fabio Brini, l’allenatore che portò il Carpi per la prima volta in Serie B subentrando a Gabriele Cioffi verso la fine del febbraio 2013.
Mister, ti sono bastate solo 14 partite, con l’apice toccato nelle Finali Play-off contro il Lecce, per ottenere un risultato incancellabile.
“Fu un anno particolare. Non era facile pensare o credere a quel traguardo a inizio stagione. La Società si mosse bene, la squadra ebbe alti e bassi, poi ricominciò a correre e dimostrò che il carattere spesso è più forte rispetto al tasso tecnico di squadre più forti come il Lecce”.
Come fu subentrare a stagione in corso, sapendo che nel girone d’andata il Carpi era addirittura primo?
“Quando arrivi a metà stagione con vari problemi, devi porti in una certa maniera. La forza c’era, bisogna ritrovare la calma e l’entusiasmo del girone d’andata. Il gruppo aveva capito che poteva fare cose buone contro qualsiasi avversario. Ho dato alcuni input, ma sono poi i calciatori che si esprimono in campo”.
Quale fu la partita che ti diede la sensazione che si poteva fare l’impresa?
“La Semifinale era la partita più difficile perché il Sudtirol aveva fatto molto bene, correva molto e non aveva timori. Vincere a Bolzano ci diede una spinta determinante per credere in qualcosa di importante.”.
Da esterno, quale fu la ricetta per la promozione del Carpi in Serie A?
“Tutti sono stati importanti, da Castori allo staff fisico,fino alla Società che ha puntato su tanti giocatori sconosciuti che hanno dimostrato il loro valore contro ogni pronostico”.
È andato via Giuntoli ed è arrivato Sogliano. Cambia qualcosa nelle strategie di mercato? I veterani, come Gagliolo che lo hai scoperto tu, devono restare?
“Credo che Sogliano ha le stesse carte che aveva Giuntoli. Entrambi sono persone capaci nel loro lavoro, anche se Sogliano conosce meglio la Serie A. Credo che sia un calciomercato abbastanza positivo. L’importante è che i veterani delle ultime tre stagioni rimangano, poi bisogna portare giocatori che diano un buon contributo. In attacco manca qualcosa, vedremo se arriverà qualcuno”.
Il calendario è tremendamente in salita.
“Sì, è un calendario difficile, ma all’inizio le grandi squadre non sono mai al top. Penso che può esserci qualche risultato a sorpresa”.
Il Carpi giocherà le gare casalinghe a Modena. Cosa pensi di questo cambio?
“Qui in Italia le strutture sportive sono un grande problema, anche per gli sport minori. Mi dissero che il Cabassi era uno stadio non facile da ristrutturare perché è molto vecchio. Sicuramente non è bello andare in trasferta per vedere le partite casalinghe, ma purtroppo la realtà è questa”.
Come furono i tuoi mesi a Carpi? I tifosi ti ricordano molto bene.
“Per la prima volta ho fatto l’allenatore in maniera tranquilla e rilassata. Sono stati cinque-sei mesi molto belli, camminavo per strada e incontravo tifosi calmi ed entusiasti con cui scambiavo qualche battuta. Spero che rimanga sempre così”.
A proposito di tranquillità, cosa successe nella scorsa stagione a Benevento?
“Eravamo secondi, con il record di punti (71, n.d.r.), mancavano tre giornate alla fine, poi qualche giocatore pensò che non bisognava correre di più. Io sono un allenatore e questa cosa mi diede parecchio fastidio. Allora successe che si ruppe lo spogliatoi, perdemmo qualche partita e mi esonerarono in una buona situazione di classifica”.
Vorresti tornare ad allenare?
“Ci sono state alcune situazioni, ma io voglio programmi seri. Quando trovo la volontà di fare cose serie, ci penso veramente”.
Che campionato sarà il prossimo e chi può essere la sorpresa?
“Saranno due campionati in uno, era da tempo che in generale non si spendeva molto nel mercato. Come sorpresa mi auguro il Carpi: quando una squadra corre così sono problemi per tanti”.
In Serie B Cagliari e Cesena sono le grandi favorite?
“Sulla carta sono favoriti, ma nelle scorse stagioni le retrocesse hanno faticato molto. L’agonismo è maggiore, non ti fanno giocare, mentre in Serie A si gioca molto con la testa. Chi non si adegua alla B fa molta fatica a risalire”.
Tornando indietro nella stagione 2012-2013, che ricordo hai di Andrea Ferretti, uno che sa tirare le punizioni?
“Purtroppo Ferretti l’ho avuto pochissimo perché aveva un infortunio che gli impedì di giocare nel finale. Ci avrebbe fatto comodo perché ha un ottimo tiro. I tiratori di punizioni o angoli sono difficili da trovare, un po’ ci mancano in Italia”.
Luigi Della Rocca invece segnò gol pesanti e diede nuova vita all’attacco.
“Della Rocca lo volevo a Benevento, però aveva un accordo col Lecce. È poco appariscente sul piano realizzativo, però fa sentire la sua presenza e la sua grinta già a centrocampo”.
Infine, Romeo Papini. Veniva da un infortunio pesante, ma a Salò spianò la strada verso i Play-off.
“Papini è un tipo intelligente, molti non credevano in lui perché dicevano che fosse lento. Ha una grande intelligenza tattica che premia questa sorta di difetto”.