Ieri per il Carpi F.C. 1909 è stato il Giorno del Giudizio. Aspettando una svolta sul campo, sono spariti due volti su cui si puntava molto per ben figurare nel primo anno in Serie A. Stefano Bonacini e Claudio Caliumi, dopo aver meditato tra domenica e lunedì, hanno sentenziato: via Sean Sogliano, il primo successore di Cristiano Giuntoli, e via Giuseppe Sannino, il primo erede dell’esonerato Fabrizio Castori, richiamato a furor di popolo. I due “colpevoli” hanno rispettivamente fallito e sbagliato nei loro obiettivi.
Sogliano è arrivato con la sicurezza di uno che ha visto provincia e Serie A, quindi che ha poco da imparare, che sa come si progredisce, come funziona il calcio e come bisogna rinforzare una squadra, specialmente una matricola. Il mercato è la prima fonte di speranza, scetticismo e malcontento della tifoseria: 18 nuovi giocatori, alcuni in prestito (Gabriel Silva e Matos i migliori per ora), altri con contratti a scadenza da annuale a triennale (Belec, Benussi, Zaccardo, Spolli, Lazzari, Borriello e Wilczek), e le cessioni di due totem come Porcari (biennale col Bari) e Poli (prestito al Novara). Queste ultime due operazioni hanno contribuito a inclinare il rapporto con Castori, ben disposto a tenere due membri del suo Carpi. Sulla graticola dalle amichevoli estive, il mister di San Severino Marche è stato rispedito a casa dopo sei giornate di A nelle quali i biancorossi avevano incrociato le lame contro squadre da Champions ed Europa League. Una decisione sconvolgente per l’ambiente, definitivamente convinto nell’ostilità nei confronti di Sogliano, visto/demonizzato come il distruttore di una favola. L’episodio chiave è il breve monologo post sconfitta contro la Fiorentina in cui impone il silenzio stampa e si lamenta giustamente per alcune “dormite arbitrali” contro Inter, Palermo e i toscani, dove c’era un rigore non fischiato dall’arbitro Di Bello. Prima difende l’orgoglio del Carpi e soltanto due giornate dopo esonera Castori, il portabandiera del rinnovato orgoglio carpigiano, senza dargli l’occasione di misurarsi con gli scontri salvezza. Un comportamento contraddittorio, fatto per sviare l’attenzione sul particolare (il rigore per mani di Bernardeschi su tiro di Bubnjic) in modo da nascondere un’altra trama. Su una cosa è stato di parola: al primo allenamento di Sannino, di fronte alla richiesta di qualche tifoso di mettere la faccia, rispose “io ci metto la faccia”.
Sannino, a Varese con Sogliano dalla Serie D alla Serie B, è arrivato il 28 settembre e ha potuto vedere l’avversità della piazza nei suoi confronti. Un’avversità verso Sogliano che si rifletteva inevitabilmente su di lui. Doveva fare il cambio di rotta negli scontri diretti per la salvezza e la storica vittoria all’esordio in panchina contro il Torino sembrava aver calmato le acque, almeno fino alla fine della sosta per le Nazionali. La debacle totale contro l’Atalanta ha riaperto le bocche di tutti, i due KO nei minuti di recupero contro Bologna e Frosinone lo hanno messo sulla punta del burrone. Contro il Verona ecco un tiepido 0-0 e basta. Progressi? Praticamente nessuno, forse un po’ meglio la difesa, ma nemmeno tanto (problemi di concentrazione e tenuta fisica causa ritiro estivo). Attacco? Insomma. La sfida contro il Bologna è la rottura finale coi tifosi: i rossoblù si potevano affrontare ad armi pari anche in dieci, però era meglio chiudersi dietro e buttare palloni lunghi per Cofie dopo aver tolto Borriello, sperando che Masina non faccia gol a porta vuota al 92′. Sannino sarà un professionista, dirigerà bene gli allenamenti, però a Carpi non ha colpito per l’umiltà: come Sogliano, ha peccato nella presunzione di essere uno che sa tanto. Basterebbe sentire le conferenze stampa per capire quanta differenza ci sia tra lui e Castori: troppe parole, troppo disteso e profetico il primo; poche parole, tanto cuore il secondo. Anche da questo si apprezza un allenatore, dal modo in cui entra in contatto con giocatori, tifosi e stampa. Sannino ha avuto sempre l’ombra di Castori, quindi inevitabilmente avrà pensato “devo proseguire col mio lavoro, se faremo bene conquisterò il rispetto della folla”. Gli è costato caro anche lo sfogo post-Bologna in cui difendeva e innalzava sull’altare la prestazione dei suoi calciatori, come se il Bologna fosse stato preso a pallonate e avesse vinto solo per un colpo di fortuna.
Ora torniamo alla realtà. La Società ha fatto delle scelte, è rimasta delusa e ha corretto tutto. Perfetto. Superata la fase della felicità, comincia la fase della fiducia. Il ritorno di Castori non ha risolto magicamente tutti i problemi, i quali devono essere risolti a partire dal Sassuolo. L’augurio è che il mister possa lavorare serenamente e che, con l’aiuto dei suoi fedeli supporters, ridia impeto e spirito guerriero ai suoi giocatori, sperando che il nuovo d.s. nel mercato invernale faccia qualche mirata operazione di mercato. Qualsiasi cosa succederà, la strada è questa: all’apice si arriva in un modo, con una certa mentalità, e una volta lì o si sopravvive o si cade, ma si resta sinceri a sé stessi.
La cosa più bella è la ritrovata sintonia tra Società, squadra e tifosi attraverso la figura paterna di Castori. Nel calcio come nella vita non si può piacere a tutti, ma si sta troppo bene quando c’è armonia, rispetto e unione d’intenti con le persone giuste, quelle che lasciato segni nella mente e nel cuore.