A volte per viaggiare basta poco. A volte basta avere il gusto per l’avventura e anche le strade della nostra città diventano emozionanti. A volte basta saper sognare e anche solo leggere di posti lontani sarà un po’ come esserci stati. A volte basta riscoprire con gli occhi di un altro posti che si conoscono benissimo.
Con questa rubrica vi voglio sfidare e incuriosire: riuscirete a scoprire, di mese in mese, dove ho ambientato i miei racconti? La risposta vi sarà data il primo lunedì del mese prossimo!
Mi sveglio. Sento il forte e familiare odore delle assi di pino e il russare di Andrea. Mi giro un po’ nel piumone caldo ma non riesco a riaddormentarmi. Scendendo dal letto a castello cerco di fare il minor rumore possibile ma, appena poggio il piede per terra, il pavimento di legno scricchiola e mi tradisce. Andrea apre gli occhi e con uno sbadiglio mi dice: ‹‹’osa faii››? Un giro, rispondo. ‹‹Tu se’ pazza›› e si gira verso il muro. Infondo mi piace quando mi definiscono pazza, soprattutto quando è perché mi sveglio presto. Varco la soglia della casetta e mi rendo subito conto di quanto sia calda ma pesante l’aria dentro. Fuori invece fa freddo, ma è un freddo che mi piace, è quell’aria frizzante tipica della montagna e mi fa venire voglia di muovermi. Decido quindi di andare in paese perché nessuno dei miei amici si sveglierà nelle prossime due ore.
E’ incredibile quanto cambino i posti dal giorno alla notte; soprattutto quando la notte è quella di capodanno e il giorno è il primo Gennaio. La strada è tutte curve, costeggiata da roulotte e altre casette di legno da Tirolo in miniatura; c’è qualche segno di vita: vecchietti che passeggiano, voci di bambini, qualcuno sta già preparando il pranzo, qualcuno sta già discutendo. Ieri notte, mentre tornavamo al campeggio percorrendo quei sentieri senza lampioni, sembrava di essere entrati in una fiaba e nel buio risuonavano solo le nostre risate e i sassi spostati dai nostri passi.
Sul mio cellulare iniziano ad arrivare i resoconti delle cose incredibili successe la notte scorsa: dicono che qualcuno abbia lanciato uno zampone dal balcone del palazzo davanti al benzinaio e che per poco non fosse finito in testa ad un mio amico! Di tutta quell’allegria la mattina conservava un ricordo sgualcito. Devono essere già passati a pulire ma lungo la strada si possono ancora notare bottiglie nascoste in posti assurdi e macchie maleodoranti sull’asfalto. La via principale del paese è deserta, eccetto alcuni ragazzi-zombie che cercano di rianimarsi mangiando salsiccia e patatine per colazione. Ieri a mezzanotte, invece, la via era un serpente brulicante di persone, tanto che era quasi impossibile muoversi: sia perché, fisicamente, non ce n’era lo spazio, sia perché non si finiva più di incontrare vecchi compagni di classe o amici che non si sapeva avessero una casa da quelle parti. Sembrava che tutta Modena avesse deciso di passare il capodanno lì.
Sono finalmente arrivata in centro-centro, davanti alla torre dell’orologio, e improvvisamente mi viene in mente che prendendo una stradina lì dietro si arriva al castello. L’ultima volta che sono salita sulla rocca ero una bambina e, da quel che mi ricordo, la salita è ripida e lunghissima ma è il primo dell’anno e voglio iniziare questo 2016 con una sfida. Salendo sulla stradina di pietra mi fermo a guardare il paese: i tetti sono ancora umidi per la notte, c’è una leggera foschia, attraversata dai raggi del sole che spunta da dietro il monte ma che non ha ancora raggiunto la maggior parte delle case. Mi godo questo sole privato e poi torno a salire e in al massimo 10 minuti raggiungo la cima: è stato molto meno impegnativo di quanto mi ricordassi!
Mi trovo così davanti alla porta nelle mura e non ho idea di cosa ci sia dietro. L’ingresso è scuro e mi introduce in un cortile con alcuni edifici abbandonati ma moderni, forse degli anni della guerra. Purtroppo non si può entrare nel castello ma scopro che all’interno delle mura c’è anche una piccola foresta e un belvedere da cui si vedono sia il paese, piccolo, sotto di noi che le montagne attorno che la pianura, quasi lontana, sormontata da una cuffia grigia di smog. Alcune ragazze mattiniere stanno sedute in cerchio sotto gli alberi alti, fumano e ridono. Una signora in jeans suona la chitarra mentre il suo compagno guarda l’iPad. Un gruppo di escursionisti spunta fuori da un sentiero nascosto. La luce filtra tra i rami dei pini. E’ un idillio del nuovo millennio, è la mia conquista, inaugura l’anno.
Dove siamo?
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Sebbene la mia esperienza dell’Appennino modenese sia focalizzata su altri luoghi, il racconto mi ha evocato un ricordo di Sestola risalente alla mia adolescenza. E’ il luogo in cui è ambientato?
Silvia