La nostra cultura, la nostra società e il nostro modo di concepire il mondo sono di carattere estremamente positivo. Come immersi in un liquido, non ci rendiamo conto delle bellezze del nostro tempo perchè ne siamo avvolti.
Abbiamo scritto e fissato per le generazioni a venire i diritti dell’uomo, perchè tutti possano vivere senza la paura di essere portati in prigione, torturati, messi all’indice della società senza meritarlo.
Abbiamo una cultura media che non è mai stata così alta, e questo porta a un innalzamento della qualità della vita, insieme al welfare e all’assistenza sociale, cardini del nostro vivere comune quotidiano.
Viviamo in un Paese ricco, in cui la povertà è affare di una percentuale di persone estremamente inferiore alle epoche appena precedenti alla nostra; è anche questa, a tutti gli effetti, una cosa positiva.
Non ci capita mai di pensare a quanto siamo fortunati a vivere in un’epoca in cui le comunicazioni sono così facili che basta prendere in mano un dispositivo per sentire una persona, chiunque essa sia. Un solo dispositivo, che sia un telefono, un cellulare o un computer.
Prima? Lettere, se avevi la disponibilità immediata di carta, o lunghi ed estenuanti viaggi per vedere una persona. Ore, giorni di treno, carrozza, cavallo. Adesso, poche ore per andare dall’altra parte del mondo.
Bowie. Morto senza preavviso, come Freddie e tanti altri prima di lui. Nato David Jones. Duro lavoro quotidiano portato avanti per decenni, ha forgiato ogni aspetto della sua vita nel fuoco dell’arte.
Nel giorno della sua morte, inaspettata ed ennesima pietra nel memoriale di un mondo artistico che sta scomparendo controvoglia, milioni di persone canticchiano le sue canzoni. Mentre guidano, mentre cucinano, mentre si lavano le mani o portano i figli a scuola.
Melodie eternate in dispositivi fisici e riprodotte miliardi di volte, e poi imparate a memoria da milioni di persone che si lasciano scappare un rigo di musica fischiettante dalla bocca, esattamente nello stesso modo in cui David Jones, noto come Bowie, l’aveva canticchiata decenni prima, in quel balzo di genio in cui quella stessa musica, lui, l’aveva concepita.
Messosi al piano, ha preso i suoi fogliacci e ha scritto quello stesso motivetto che lui, pochi minuti prima, aveva in mente, ancora incompleto ma già nitido, e che decenni dopo, il giorno della sua morte, tutto l’Occidente civilizzato canticchia.
David Bowie, come miliardi di altre persone prima di lui e prima di altrettanti miliardi di persone, lascia il suo corpo, responsabile di tutta la bellezza che ha sparso in giro per il mondo. Chissà dov’è, adesso che è leggerissimo.