Continua la mia piccola ricerca all’interno del “lato femminile” del tiro dinamico, da tempo mi chiedevo se esiste un tratto che accomuna le donne che decidono di impegnarsi e di impegnare il proprio tempo in una disciplina sportiva che mette in gioco buona mira, coordinazione e strategia. Naturalmente esiste un solo modo per venire a capo del quesito ed è conoscere le donne del tiro dinamico.
La tiratrice che oggi ci racconterà di sé è Irene Di Puma, detta “la rossa”. Irene è donna di carattere e, per quanto si cimenti nel tiro dinamico soltanto da un anno, ha le idee piuttosto chiare. Irene ha cominciato a praticare la disciplina dopo aver frequentato il tiro a segno di Milano, lì un tiratore le ha raccontato del tiro dinamico e Irene si è lasciata contagiare dal suo entusiasmo.
Irene, sommelier per passione, purtroppo ha poco tempo da dedicare agli allenamenti ma ha almeno la fortuna d’avere campi di tiro relativamente vicini a casa. Cosa spesso fondamentale quando si decide di cominciare a cimentarsi con questa pratica sportiva.
Le chiedo di raccontarmi una sua giornata di gara, e Irene lo fa con una verve che ritrovo spesso tra i tiratori. «Quando suona la sveglia vorrei morire e mi domando sempre chi me lo fa fare: prepararsi, bardarsi – d’inverno occorre vestirsi a strati, come gli sherpa –, sistemare l’attrezzatura nel borsone, fare l’inventario e correre fuori di casa. Poi però arrivi sul campo e incontri gente che conosci, e subito ti viene una gran voglia di cominciare. Il sorriso viene da sé!». Quando le domando se sui campi di gara arrivi da sola o in compagnia, mi dice d’avere la fortuna di partecipare alle gare di tiro dinamico in compagnia del compagno, che con lei «condivide gioie e dolori». Irene mi spiega che «la condivisione di questa passione, che è molto impegnativa sotto vari aspetti, è davvero importante».
E come ti senti sui campi? Credi sia l’ambiente adatto a una signora? Glielo domando sorridendo, Irene Di Puma non è donna che si formalizzi per un po’ di fango sulle scarpe o per una gara portata a termine sotto la pioggia. «Sui campi mi sento “un tiratore”» e Irene lo snocciola al maschile, per sottolineare che questa pratica sportiva pone uomini e donne sullo stesso piano, «anche se mi fa piacere la cavalleria e le buone maniere che trovo sempre in tutti i maschietti». Lo sento dire spesso, io stessa posso affermare che il numero di gentlemen che si incontrano sui campi è una delle prime particolarità che una signora nota entrando a far parte dell’ambiente.
Però, insisto con Irene, uno sport di questo tipo richiede doti specifiche. Ritieni sia adatto a noi signore? «Il tiro dinamico è particolare per una donna: come forma mentis e determinazione possiamo dire molto. Dal lato fisico è decisamente uno sport impegnativo e bisogna essere davvero motivate, se una ragazza è abituata a fare GAG in palestra o qualche corsetta in tutina aderente alla moda, be’, forse una cava da affrontare con qualunque meteo non è il posto più adatto a lei». In realtà, mi dico, probabilmente le gare di tiro dinamico – che si svolgono all’aperto e dunque non tengono conto delle condizioni climatiche – mettono alla prova qualunque sportivo non sia più che convinto.
Come vengono accolte le donne sui campi di tiro dinamico?
«In generale fa piacere la nostra presenza perché “ingentilisce” l’ambiente, un po’ come un vaso di fiori in casa – e qui le scappa un sorriso –, ma la soddisfazione più grande è quando ti senti dire “tiri meglio di tanti uomini, brava” e non ne faccio un discorso sessista al contrario, anzi. Bisogna essere comunque obiettivi e riconoscere che l’ambiente è ancora prettamente maschile, basta vedere le percentuali dei partecipanti». Ma noi donne forse abbiamo una difficoltà in più rispetto ai nostri colleghi in pantaloni e Irene scoppia a ridere: «Noi abbiamo l’handicap pipì, una volta messo il cinturone si va sino alla fine tipo “o si fa l’Italia o si muore”. Ecco questo è un problemino a volte».
«Purtroppo l’anti-cultura sulle armi e argomenti correlati porta quasi sempre a sentirsi dire “ah ma una roba più carina e normale tipo pallavolo o la palestra?” e allora uffaaaa sempre i soliti discorsi, che noia! Ormai non ho nemmeno più tanta voglia di dare spiegazioni e mi limito ad alzare un sopracciglio», e anche qui posso confermare che Irene non esagera. Purtroppo il tiro dinamico viene visto come uno sport piuttosto fuori dall’ordinario, e chissà che le mie interviste alle donne del tiro dinamico non riescano a mostrarlo sotto una luce diversa.
Chiedo poi a Irene se ci sia un atleta che per lei rappresenta un punto di riferimento, e Irene cita Simonetta Pettenati. Anche Simonetta è una tiratrice. «L’ho sempre trovata cordiale e gentile, prodiga di consigli e incoraggiamenti. Schiva al punto giusto, e in questo ci assomigliamo, ma pronta a regalare bellissimi sorrisi una volta rotto il ghiaccio». E poi Irene mi spiega il valore dei suggerimenti ricevuti in campo: «Noi donne siamo differenti dagli uomini, sì le donne vengono da Venere – aggiunge sorridendo – e a volte una cosa che fatichi a comprendere se spiegata da un uomo diventa subito chiara se detta da una donna. È come un click che scatta». Eppure non sempre i rapporti tra tiratrici sono idilliaci, «Noi donne a volte siamo delle sciocchine, la diffidenza in qualche caso ci porta a guardarci in cagnesco perché temiamo che qualcuna possa rubarci la scena. Gli uomini in questo sono meglio di noi, sì, ne sono convinta». E di Irene Di Puma non si può che apprezzare la franchezza, perché Irene è una tiratrice che punta al “doppio alpha” anche fuori dai campi di gara.
Testo di Gaia Conventi, foto di Nicola Procchieschi