La mia piccola indagine nella sfera femminile del tiro dinamico oggi mi porta a presentarvi Roberta Borraccia. Roberta pratica il tiro dinamico da circa un anno e mezzo ma la sua passione per le armi è nata ben prima: «Mio padre mi portava spesso in cava quando si divertiva a sparare col fucile. Sono entrata in confidenza con le armi davvero presto grazie a lui. Ma il motivo che mi ha spinta a praticare tiro dinamico è stata la fine di una lunga relazione e un periodo particolarmente stressante all’università. Le altre ragazze si iscrivono a pilates o a yoga, io avevo bisogno di qualcosa di più sprintoso. E poi l’om ommm… non fa proprio per me!».
Chiedo a Roberta in quali circostanze si alleni.
«Lo scorso anno ho dedicato davvero molto tempo agli allenamenti, ero disoccupata e di tempo ne avevo da vendere. Generalmente passavo sui campi di tiro i weekend e un giorno infrasettimanale, il martedì o il giovedì. In occasione delle gare di fascia A è capitato diverse volte di allenarmi anche tre giorni a settimana».
E quando si tratta d’andare in gara?
«Per me la giornata di gara inizia il giorno prima: a nanna presto dopo un pasto leggero, in genere a base di proteine e fibre. E chiaramente niente alcolici. Se la gara si svolge al mattino, mi sveglio un paio d’ore prima del bip di inizio, faccio colazione – ricca ma non troppo, altrimenti poi non riesco a correre – e mi dirigo sul campo; dopo aver dato uno sguardo agli stage e aver ipotizzato un’interpretazione degli esercizi, magari confrontandomi coi miei compagni di club e col mio allenatore Francesco Servodio, metto il cinturone e vado in fumble zone dove accarezzo la mia fedele compagna di giochi e provo estrazioni in bianco e brandeggio. Iniziata la gara non penso ad altro che a divertirmi, pur mantenendo concentrazione e determinazione. Se le gare durano mezza giornata, dopo gli esercizi mi godo un bel pranzetto rifocillante; ma se la gara prosegue nel pomeriggio, come nel caso delle fasce A, il mio pranzo deve essere leggero e finalizzato al recupero delle energie necessarie ad affrontare gli stage successivi. Al termine della gara ho finalmente modo di scambiare quattro chiacchiere con gli amici, confrontandomi sull’esecuzione degli esercizi e commentando le premiazioni. A fine giornata mi rimetto in auto per tornare a casa, esausta ma felice».
Come sta Roberta quando è sui campi di tiro?
«Quando sono sui campi di tiro mi sento rilassata e contenta. Un po’ meno quando piove» aggiunge sorridendo. «L’aria aperta, gli amici, l’odore della polvere da sparo, il pew pew delle doppiette in lontananza. Credo che il tiro dinamico sia ancora uno sport poco diffuso ma non vedo perché non debba essere adatto a una donna. È un ambiente prettamente maschile solo perché la maggior parte delle donne si interessa alle vetrine di scarpe e non frequenta armerie. A volte capita di sentire battute o apprezzamenti ma sempre con tono scherzoso, non invadente. Diciamo che si tratta di un atteggiamento tipico del “maschietto protagonista” quando nota una donna con le sue stesse passioni, succede anche alle donne che amano il calcio o seguono l’automobilismo. Onestamente, non ho mai notato né sui social né in gara né sui campi mancanza di considerazione in quanto donna. Dal mio punto di vista siamo prese sul serio tanto quanto i tiratori».
Roberta Borraccia ha gareggiato anche all’estero.
«Ho partecipato alla mia prima gara internazionale in occasione dei Campionati Europei 2016, in Ungheria. Nelle gare internazionali il numero delle tiratrici è maggiore, probabilmente perché nel Nord Europa e nell’Europa dell’Est questo è uno sport diffuso».
Chiedo a Roberta se, avendo bambini, li inizierebbe al tiro dinamico.
«Al momento non ho figli ma se mai dovessi averne gli proporrò certamente di cimentarsi in questo sport: li educherà a porsi degli obiettivi e a cercare di raggiungerli con impegno e sacrificio, a gareggiare contro loro stessi per migliorarsi sempre di più ma soprattutto gli insegnerà il bello di passare del tempo all’aria aperta con persone, amici, che magari incontri unicamente in gara ma con le quali stai sempre volentieri».
Cosa succede quando chi ti conosce scopre che sei una tiratrice?
«Quando con orgoglio confesso la mia “droga”, le reazioni sono differenti: c’è l’incredulo che pensa che lo stia prendendo in giro, c’è lo spaventato che si allontana per paura che io possa sfoderare la mia pistola tirandola fuori dalla pochette – se dovessi andare in giro con la mia open dovrei uscire col trolley, altro che pochette o sac a man! –, c’è il sorpreso che ti paragona a Lara Croft. Ahimè, c’è anche chi se ne esce dicendo “Ma uno sport più femminile, no? Danza, nuoto, pallavolo…”. In quel caso rispondo che la mia è una passione come un’altra e il fatto che una donna pratichi uno sport tanto impegnativo è solo un vantaggio: pensate alla vostra compagna quando è nervosa, se si sfoga al poligono e torna a casa felice siete contenti anche voi!».
Chiedo a Roberta quale sia il suo rapporto con la fotografia. Ha problemi a farsi ritrarre mentre pratica tiro dinamico?
«Sono molto contenta di farmi fotografare in gara, non ci trovo niente di male: sto praticando sport, non sto commettendo un crimine. Però riconosco che, trattandosi di armi e conoscendo la visione piuttosto limitata del nostro Paese quando si parla di questo argomento, qualcuno preferisca evitare di sbandierare d’essere un tiratore, proprio a causa dei pregiudizi sulle armi e il loro utilizzo nello sport. Io sono solita pubblicare sui social le mie foto in gara e in allenamento: è giusto che i miei amici, virtuali e non, sappiano quali siano le mie passioni. Su Facebook e su Instagram pubblichiamo ciò che serve a raccontarci e a raccontare le nostre giornate, i nostri stati d’animo e i nostri hobby, non vedo perché il tiro dinamico debba essere una faccenda privata».
Chiedo a Roberta di quale risultato vada particolarmente fiera e se abbia un atleta da prendere a modello.
«Il miglior risultato finora raggiunto è sicuramente la medaglia di bronzo ottenuta ai Campionati Europei in Ungheria dell’ottobre scorso, con le compagne di squadra Lady Open Irene, Barbara e Domiziana: i nostri sforzi e i nostri sacrifici sono stati ripagati contro ogni aspettativa, partivamo sfavorite e abbiamo tenuto duro fino all’ultimo sorprendendo tutti. Non ho un atleta di riferimento, penso che tutti gli atleti, in quanto tali, siano dotati di umanità, tempra e coraggio. Tutti gli atleti devono possedere queste caratteristiche per ottenere risultati nello sport ma soprattutto nella vita.
Chissà se Roberta è scaramantica quando si tratta d’andare in gara…
«Non ho un vero e proprio gesto scaramantico però i fermacinturone devono essere messi sempre tutti alla stessa maniera e con lo stesso ordine. Un portafortuna ce l’ho ed è la coccinella che ho attaccato alla fondina, un regalo del mio allenatore in vista degli Europei e che precedentemente aveva lui sulla sua fondina».
E, secondo Roberta, qual è lo spirito di questo sport?
«Secondo me lo spirito del tiro dinamico è quello di mettere a confronto il tiratore con se stesso. Nello stage ci sei tu, con la tua pistola e le tue munizioni: sei responsabile della corretta esecuzione dell’esercizio, della corretta funzionalità dell’arma e della perfetta prestazione della cartuccia adeguatamente preparata. Dal mio punto di vista, non si tratta di una competizione contro gli altri ma di una competizione contro i propri limiti. Quando si è in squadra la situazione cambia: ci si confronta, ci si dà una mano a vicenda, ci si sostiene ma comunque si cerca di fare del proprio meglio. Non per iniziare una gara contro le proprie compagne e instaurare una competizione che io definisco “marcia”, ma perché se ognuna di noi dà il meglio di sé, si sommano i punti e la squadra va a podio».
Com’è il tiro dinamico visto da una tiratrice?
«Le donne in questo ambiente portano loro stesse, la loro determinazione, la loro forza e la loro voglia di fare, tutte caratteristiche tipiche del gentil sesso. Ahimè, a volte la competitività ci spinge a essere poco solidali tra noi; capita che diamo più ascolto al pettegolezzo, al commento e al sospetto piuttosto che prendere con leggerezza e spensieratezza quello che è uno degli sport più belli. Già, siamo troppo complicate e complessate, su questo i maschietti ci battono dieci a zero!».
E come ti trovi coi tiratori?
«Ho molti amici tiratori, alcuni li frequento anche fuori dai campi. L’amicizia nata sui campi di tiro risulta più solida di molte altre: vedersi una volta al mese in gara, non vedersi durante il periodo di pausa del campionato, rivedersi dopo mesi e ritrovarsi come se non ci si fosse mai lasciati: credo sia una cosa bellissima. È piacevole avere amici sparsi in tutta Italia, magari ti trovi lì per lavoro, pensi a chi conosci in zona e ti organizzi per andare a mangiare una pizza».
Cos’è che ti fa dire di amare questo sport?
«Quello che mi fa dire d’amarlo è il post gara, quando hai scaricato l’adrenalina e la tensione e l’unica cosa a cui pensi è mangiare. Quando, dopo sette ore di gara, addenti il panuozzo salsiccia e friarielli di Castelvolturno o il panino con la porchetta di Castel Sant’Elia o il panino con la salamella di Calvisano, ti senti nel mondo dei sogni. Quello è un bel momento di condivisione, di amicizia, di svago, è il momento in cui ti rilassi con gli amici, è il momento in cui apprezzi il vero valore dell’amicizia sui campi di tiro».
Testo di Gaia Conventi, foto di Michele De Scisciolo