Quel che preferisco del tiro dinamico è la sua capacità di riunire sui campi persone così diverse tra loro. Persone da scoprire gara dopo gara, per rimanere ogni volta sorpresi. Più o meno ciò che è accaduto con Xiaote Cai, accattivanti occhi a mandorla e parlata emiliana.
“L’unico cinese a fare tiro dinamico”, ti sei ironicamente presentato così. E in effetti non ho incontrato altri cinesi sui campi di tiro. Quanto vai fiero delle tue origini e quanto hanno influito sulla scelta di praticare questo sport?
Hai ragione, mi sono presentato proprio così per attirare l’attenzione dell’intervistatrice! Scherzi a parte, l’aspetto orientaleggiante sicuramente mi contraddistingue, forse creando anche un po’ di curiosità. Vado fiero delle mie origini, anche se chi mi conosce ormai non ci fa più caso e mi tratta come un italiano qualunque.
La scelta di praticare questo sport parte da una passione lontana per le armi, fin da piccolo passavo ore a leggermi riviste del settore, sì ero proprio un piccolo nerd! Dal punto di vista pratico, la passione è rimasta latente fino a due anni fa, quando per puro caso su Youtube ho visto il video dell’allora tredicenne Katelyn Francis che stava facendo un percorso 3-gun… apriti cielo! Da lì ho cominciato a informarmi e mi sono avvicinato al tiro dinamico sportivo: l’iter per ottenere il porto d’arma, qualche migliaio di colpi sparati, il “bronzo” ed eccomi qui!
Xiaote Cai – per quanto il nome sia deliziosamente esotico – è assolutamente emiliano. Da quanto tempo sei in Italia, che lavoro fai e qual è il tuo curriculum scolastico?
Sono arrivato in Italia nel marzo del 1990, all’età di sette anni. Dopo pochi mesi passati a Bologna, mi sono trasferito a Imola, dove i miei genitori hanno avviato la loro prima attività in proprio: una rosticceria cinese. Nel paesino romagnolo ho vissuto i successivi vent’anni, facendo tutto il percorso scolastico fino a laurearmi all’Università di Bologna. Dopo il conseguimento del master in gestione d’impresa nel 2010, ha inizio il rapporto lavorativo a Marella, azienda del gruppo Max Mara (abbigliamento fashion donna). Da allora vivo a Reggio Emilia, perdendo inevitabilmente la esse romagnola.
Nessun problema se i tuoi colleghi sui social ti vedono maneggiare armi?
I colleghi sanno di questa mia passione, qualcuno è incuriosito, altri invece mi guardano con un po’ di pregiudizio e circospezione. Soprattutto le colleghe-mamme. Nel suo piccolo l’ufficio è uno spaccato della nostra società.
E alla fine hai deciso di fare tiro dinamico, ma mi sembra di capire tu sia stato sedotto anche da altre discipline inerenti il tiro. Raccontami la tua passione per le armi.
Come dicevo, quella delle armi è una passione che mi porto dietro fin da piccolo e come tale è a trecentosessanta gradi. Mi piace il tiro in tutte le sue forme, dalla pistola ad aria compressa a dieci metri – disciplina difficilissima che richiede una solida preparazione mentale e tanta concentrazione – al tiro operativo, passando per TDS e IDPA. Ho anche una bolt-action Remington 700 per i tiri a lunga distanza, ma il tempo è tiranno e quindi l’ho dovuta un po’ sacrificare. Nello stesso TDS spazio dall’handgun (production division) al rifle; lo shotgun è in stand by solo perché il fucile non è ancora ultimato.
Mi chiedevo, da gran curiosa, se in Cina esiste il tiro dinamico…
In Cina, da quel poco che so, esiste una federazione riconosciuta da IPSC, ma il possesso delle armi da fuoco è vietato ai civili e quindi gli iscritti possono praticare questo sport utilizzando esclusivamente le armi e le munizioni messe a disposizione dal poligono.
Film e libri ci hanno ormai convinti che tutti i cinesi sono maestri di arti marziali. Tu ti senti più un Discendente del Drago o un buongustaio emiliano?
Ahimè, questa cosa che tutti i cinesi devono essere dei maestri di Kung Fu me lo dicono fin da bambino e ogni volta la mia risposta ha “deluso” i presenti. Ho praticato da adolescente per un paio di anni Judo e Karate, senza conseguire nulla di importante… la carriera di buongustaio ha avuto decisamente più successo!
Quando si tratta di alimentazione sportiva, ogni atleta ha la propria. Tu utilizzi forse qualche antico elisir orientale? Puoi rivelarci la ricetta? Io, tanto per chiarire, non vado in gara − a fotografarla, intendo − se non ho ingurgitato una buona dose di Parmigiano.
Niente “elisir orientale”, mi piace mangiare bene ma purtroppo a volte mi trascuro un po’, vivendo da solo non sempre ho voglia di cucinare quando torno dall’ufficio. La tua abitudine di mangiare il Parmigiano (che è anche Reggiano, ricordiamolo!) è ottima, personalmente preferisco qualcosa di dolce per assimilarlo rapidamente durante la gara.
Raccontaci una giornata di gara e spiegaci in cosa consiste, a tuo avviso, lo spirito del tiro dinamico.
Ancora non ho fatto molte gare, ma posso dire che più o meno l’avvicinamento è lo stesso. Si inizia un paio di giorni prima con la preparazione delle munizioni ricaricate. La sera antecedente la gara si ordinano le cose in borsa cercando di non dimenticare nulla. Poi si pensa anche all’abbigliamento, il tutto viene messo in salotto per velocizzare le operazioni mattutine (quando, ahimè, molto spesso il cervello è in panne). Una cosa che faccio prima di coricarmi è ripassare il fascicolo con gli stage della gara, cercando di individuare eventuali criticità.
La giornata di gara va via veloce, tra viaggio, “pew pew pew” e chiacchiere con gli amici. Una fase molto importante è il “post”, quando nonostante la stanchezza bisogna cercare di ricordare gli aspetti negativi e gli errori, volendo metabolizzarli in modo da non ripeterli in futuro. Per questo mi servo di un piccolo quaderno dove annoto anche gli allenamenti, un piccolo archivio dati per tenere tutto sotto controllo. Per me lo spirito di questo sport sta nel volersi perfezionare continuamente. Come in molti sport individuali, l’avversario più temibile è dentro noi stessi.
Esiste un augurio cinese − che immagino non sia il nostro relativo al lupo o quello, poveretta, dedicato alla balena – che potrebbe portare bene se declinato prima di una gara? Così chiudiamo l’intervista in maniera internazionale e dalla prossima gara ti citiamo come nume tutelare.
Forse ai cinesi non serviva avere un augurio “folkloristico”, fatto sta che i lupi e le balene possono vivere tranquilli in Cina!
Spero di avervi divertito in queste poche righe, ringrazio Gaia per l’opportunità che mi ha dato di raccontarmi, ci vediamo in giro per i campi del Nord-Est Italia. Un sentito “safe shooting to everybody”!
Testo e foto di Gaia Conventi