Contro il Benevento l’impressione era che il Carpi potesse vincere, anche con uno scarto minimo. Il pareggio per 0-0, in un Cabassi sold out come mai nella sua storia, lascia tutto aperto e genera sensazioni contrastanti, simili a quelle provate dopo aver ottenuto lo stesso risultato contro il Frosinone nella Semifinale d’andata. Come finì al ritorno lo sappiamo tutti. Ed è per questo che coloro che andranno al Vigorito, siano i giocatori che i tifosi, avranno qualcosa in più di una leggera percentuale di speranza. Sarebbe l’ennesimo miracolo di questo finale di stagione. Bisognerà smentire il filosofo greco Eraclito di Efeso che disse: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”. In altre parole, le cose non si ripetono mai due volte nella stessa maniera in quanto prevale la legge del mutamento.
I Play-off sono dei piccoli trattati di psicologia. La classifica della regular season può comportare nelle squadre meglio posizionate una gestione delle forze, delle emozioni e del controllo del gioco. C’è il rischio di peccare di sufficienza o di supposizione. Pensate a come salì il Bologna in Serie A nel 2015: tre pareggi e una vittoria nei Play-off contro Avellino e Pescara, giocando male e avendo una fortuna immensa che ancora in tanti faticano a capire. Oppure, tornando a qualche giorno fa, basta osservare le gare del Carpi contro il Frosinone, storicamente bloccate e decise da episodi. I ciociari di Marino, con il Matusa infuocato, hanno avuto due occasioni nel primo tempo stroncate da Belec. Nella ripresa, in dieci contro undici per il doppio giallo a Struna al 45′, giocavano come se stessero vincendo per 1-0 o 2-0. Possesso palla, passaggi errati, tiri inconcludenti, molta lotta, difese attente… Carpi addirittura pericoloso con un palo di Mbakogu e un rigore non dato su Di Gaudio. All’81’ ecco l’assurdo secondo giallo contro Gagliolo che significava finire in trincea con nove uomini. Uscire dal riparo e piazzare un colpo decisivo era impensabile. Serviva un miracolo. Poco dopo Letizia segnò lo 0-1 ed è soltanto lì che il Frosinone, conscio di stare sfiorando il suicidio definitivo, alzò il ritmo, entrò un altro attaccante (Mokulu), iniziò a crossare da ogni parte e, finalmente, calciò in porta altre due volte trovando due parate incredibili di Belec che chiusero il sipario sulla storia del Matusa e spensero la festa dei tifosi gialloblù.
Ecco, ora fermiamoci un attimo.
Immaginatevi, possibilmente in undici contro undici, uno 0-0 al Vigorito a dieci minuti dalla fine della partita. Cosa potrebbe succedere? Di tutto. Con questo scenario il Benevento, come il Frosinone (che, ricordiamolo, aveva dalla sua una doppia superiorità numerica), dovrà ragionare su solo due scelte pericolose: 1) Mantenere lo 0-0 senza sbilanciarsi per non dare contropiedi al Carpi che deve solo vincere. Senza fare sciocchezze, controllando la pressione del pubblico e il fuoco della palla. In altre parole, remare e portare il risultato in porto; 2) Ragionare e provare a segnare nel finale, se sarà possibile e per questioni di sicurezza, un gol che riduca enormemente la fiducia del Carpi. Il Frosinone nel ritorno scelse la prima opzione dopo il rosso a Gagliolo e perse all’86’ con una punizione di Letizia, segno inequivocabile che fidarsi è bene ma non troppo. Perché, all’improvviso, può sempre arrivare una sorpresa, un episodio “normale” come un rigore, un gol da corner, su rimpallo fortunoso, su azione manovrata, in fuorigioco millimetrico… Oppure può esserci un episodio “folle” come un calcio di punizione di un terzino che, in tutta la stagione, non aveva mai trovato la porta.
Il Carpi ha dimostrato di avere una grande serenità olimpica in questi Play-off, nonostante sia stato sempre costretto a vincere. Come contro il Frosinone, ora la palla passerà al Benevento e sarà il Benevento di Baroni a dover decidere cosa vorrà fare della sua storia, giunta ad un punto che difficilmente sarebbe stato immaginabile. La recente Finale di Champions League tra Real Madrid e Juventus ha a sua volta dimostrato che, nella maggior parte delle volte, vince chi dà il massimo nel secondo tempo. Chi ci crede di più, chi ha più fiato, chi ha più qualità tecnica o esperienza. Quasi sempre è nei secondi tempi che si vede di che pasta è fatta una squadra e domani, 8 giugno alle 20:30, al Vigorito si giocherà un lunghissimo secondo tempo da 90′ più recupero.
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