Ieri sera, nella tenda del Piazzale Re Astolfo allestita per la Festa del Racconto, il celebre giornalista di Sky Federico Buffa ha dialogato con il giornalista di Radio Bruno Pierluigi Senatore in un evento chiamato “Storie di Campioni”. Noto divulgatore e “menestrello” della storia dello sport, passando dal calcio fino alla pallacanestro e oltre, Buffa si è preso tutti gli applausi di un nutrito pubblico con la sua narrazione elastica, coinvolgente e magnetica. Alla fine dell’incontro, ha firmato autografi e si è concesso ai famosi selfie dove indica il suo fan, scambiando brevi battute con loro.
Ecco alcuni dei momenti salienti della serata, incentrata sul corpo (tema principale della Festa) e su come si esprime, si mortifica e si consacra nello sport.
“L’idea storica del corpo e della sua estetica nasce dal Discobolo, opera in marmo dello scultore greco Mirone, vissuto nel V secolo avanti Cristo. Mirone è stato capace di scolpire, originariamente nel bronzo e poi nel marmo, la perfezione della forma e del movimento”.
“Ogni annientamento psichico passa attraverso il corpo. La storia degli afroamericani è basata sullo spossessamento del corpo, attuata attraverso la schiavitù e tante oppressioni nel corso degli ultimi cinque secoli. Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo classificato nella Finale olimpica dei 200 metri, salirono scalzi sul podio di Città del Messico 1968 e alzarono rispettivamente il pugno sinistro e il pugno destro con la testa chinata durante l’esecuzione dell’inno degli Stati Uniti. Le mani erano coperte da un guanto nero, simbolo del movimento rivoluzionario Black Panthers. Stavano esprimendo solidarietà nei confronti degli afroamericani. Lo fecero sapendo di poter rischiare la loro vita e la loro carriera”.
“Un altro caso di spossessamento del corpo riguarda la cecoslovacca Vera Čáslavská, la ginnasta più vittoriosa delle Olimpiadi (7 ori e 4 argenti, n.d.r.), così bella e attraente che avrebbe ricevuto offerte per lavorare a Hollywood. Lei, insieme ad altre personalità del suo paese, firmò un manifesto di protesta, le ‘Duemila parole’, contro l’invasione e l’imposizione del regime sovietico, quindi in favore del movimento democratico della Cecoslovacchia che era alla testa della Primavera di Praga, cessata ad agosto. Le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico si svolsero ad ottobre. Vera distolse lo sguardo durante l’inno sovietico suonato durante le premiazioni delle gare sulla trave e del corpo libero. Questo gesto non piacque al regime che non solo la costrinse al ritiro: per fargliela pagare, Vera fu umiliata e costretta a pulire i pavimenti per alcuni anni e a fare lavori diversi, cadendo nell’anonimato fino alla caduta del blocco comunista nel 1989”.
“Credo che il momento più importante della storia afroamericana non è il celebre discorso di Martin Luther King, ‘I have a dream’, tenuto davanti al Lincoln Memorial di Washington il 28 agosto 1963. Il momento decisivo è quando Malcolm X convince Classius Clay a convertirsi al black Islam e a cambiare nome, diventando Muhammad Ali”.
“Ali, con sicurezza ed ingenuità, si spinge oltre quando condanna la guerra del Vietnam, dicendo la famosa frase ‘Nessun vietnamita mi ha mai chiamato sporco negro’ quando si rifiuta di partire verso il fronte, perdendo di fatto il titolo di campione mondiale dei pesi massimi. Lui ha condannato quella guerra, facendo quello che nessun politico di allora aveva fatto, nemmeno Martin Luther King che cercava di integrare i neri con i bianchi”.
“Nella sfida nota come Rumble in the Jungle, svoltasi a Kinshasa, capitale dello Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo, n.d.r.), Ali affrontò il nuovo campione George Foreman, vittorioso contro Joe Frazier dopo solo due riprese. L’arbitro infatti fermò l’incontro perché Frazier avrebbe rischiato seriamente di morire. Ali, sapendo della grande forza dei pugni di Foreman, che solitamente vinceva dopo solo due-tre round, vinse con una strategia chiamata rope-a-dope, cioè letteralmente colpire un citrullo. La strategia consisteva nell’appoggiarsi con la schiena alle corde del ring per assorbire i colpi di Foreman fino a stancarlo, evitando di mettere a rischio la spina dorsale, il dorso e le gambe con le scosse dei pugni. All’ottavo round, quando decise di vincere, Ali lo fece dopo solo dieci secondi e si riprese il titolo mondiale”.
“Michael Jordan è una delle dimostrazioni più divine di come il corpo può essere spinto dalla mente per superarsi. Nel 1997, Jordan ordinò una pizza la sera prima della Gara 5 contro gli Utah Jazz, con la serie sul 2-2. Alle tre del mattino chiamò il suo dottore e gli disse di venire nella sua camera perchè ‘Sto morendo!’. Jordan viene trovato sul letto in posizione fetale con il suo vomito intorno. Potrebbe essere stato vittima di un’intossicazione alimentare organizzata dai marmoni (sorride, n.d.r.). Nel giorno successivo, non riesce a muoversi dal letto fino alle tre del pomeriggio. La voce si è sparsa tra i giornalisti. Quando i Chicago Bulls arrivano al palazzetto di Salt Lake City, lo vedo a bordocampo che è seduto in panchina con un asciugamano sulla testa. Non si muove, sembra una salamandra. La partita inizia tra un’ora, alle otto. A distanza indico a Flavio Tranquillo (tracciando una croce in aria, n.d.r.) che non può giocare. Alla chiamata del quintetto iniziale, Phil Jackson fa un gesto e Jordan entra in campo sorprendendo tutti. La sua partita è leggendaria. Inizia guardingo, gattopardesco e poi sale. Segna quasi 40 punti, trascina la squadra e quasi sviene alla fine dell’incontro. Anni dopo disse che si sentiva al 25% delle proprie capacità fisiche. Ma, dalle tre del pomeriggio fino alle sette di sera aveva come memorizzato ogni singolo movimento che doveva fare, come se dovesse recitare un copione. Uno può essere un grande talento, ma a un certo punto è la testa che fa la differenza. In questo caso, che ricorda Ali contro Foreman a Kinshasa, il corpo è al servizio della mente e viceversa. E Jordan, in campo con la testa, era come Maradona”.
“Michael Phelps è straordinario perché fuori dall’acqua è un ragazzo molto timido e sembra avere tanti difetti, come ce li abbiamo tutti noi che agiamo sulla terra ferma. Poi cambia totalmente personalità quando si tuffa in acqua. È incredibile come sia riuscito a vincere 23 ori olimpici, un vero record, nell’arco di quattro olimpiadi (da Atene 2004 a Rio de Janeiro 2016, n.d.r.)”.
“Niente dà speranza come lo sport. Ecco perché ci sono le magliette con numero e nome sulle spalle. Così i bambini possono sognare e avere un riferimento”.
“Il mio ultimo libro appartiene a Carlo Pizzigoni. Lui ha scritto le ‘Nuove Storie Mondiali’”.
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