Riportiamo di seguito l’omelia tenuta dal Vescovo di Carpi, monsignor Francesco Cavina, domenica 3 febbraio 2019:

Innanzitutto il discepolo di Gesù deve vederci bene, non può essere una guida cieca. La domanda che emerge è: Chi è cieco? Gesù, naturalmente, parla di una cecità spirituale che è quella che impedisce di essere di aiuto alle persone e consiglieri credibili delle anime. Si è tali quando proponiamo alle persone, che cercano aiuto spirituale o si interrogano sul senso della vita, le nostre opinioni personali o i nostri ragionamenti e non la volontà del Signore da ricercarsi nell’ascolto della Parola di Dio e nella fedeltà al Magistero della Chiesa.
Essere guide cieche è un pericolo reale. E come si può guarire dalla cecità? Per essere una buona “guida” bisogna aver un buon maestro da imitare. Il cristiano ha un Maestro divino a cui guardare, da ascoltare e da seguire. Davanti a Lui nessuno può pensare di esserGli superiore e dunque di potersi a Lui sostituire. Non di rado, invece, alcune guide ritengono di potere superare il Signore Gesù e di avere il diritto di sostituirsi a Lui e proprio per questo sono cieche.
Chi ascolta attentamente gli insegnamenti di Cristo, chi si pone fiduciosamente alla sua sequela, chi lo ama e rimane in Lui non sarà mai cieco, perché è continuamente richiamato alla conversione della vita. Cristo è un maestro che non può essere mai superato dai discepoli e nessuno può coltivare l’ambizione o la presunzione di potersi sostituirsi a Lui. Ciò che, invece, ci viene richiesto è di aderire con sempre maggiore convinzione alla sua Persona in modo tale da divenire suoi imitatori e “servitori” fedeli della sua Parola.
Il terzo insegnamento del Vangelo tratta della pagliuzza e della trave. Ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio significa trovare il coraggio della correzione fraterna, facendo, tuttavia, attenzione ad evitare alcuni pericoli: usare grande indulgenza per noi stessi e grande durezza verso i fratelli, oppure mostrarsi più duri e impazienti di Cristo stesso nella correzione. Entrambi gli atteggiamenti rivelano una profonda ipocrisia perché vengono utilizzate misure diverse: una per sé e una per gli altri.
É sempre più comodo vedere gli errori degli altri ed esigere la loro correzione anziché correggere e migliorare se stessi. Gesù ci chiede di guardare con occhi severi innanzitutto noi stessi prima di puntare il dito sugli altri.
L’ultimo insegnamento di Gesù ci porta a giudicare il valore di una persona e di un’esperienza dai frutti dalla loro condotta buona o cattiva. È vero che il cuore dell’uomo lo conosce solo il Signore, tuttavia quanto da esso deriva ne è come la manifestazione. Gesù ci richiama a non seguire ciecamente chiunque si presenta a noi, ma ad essere attenti, vigilanti, capaci di discernimento perché dal cuore emerge anche l’inganno, la malvagità, l’insincerità.
Scrive Sant’Ambrogio: “E’ una grande scuola di virtù quella che ti insegna a non cercare frutto dagli alberi infruttuosi, o ad attenderti una messa feconda da campi incolti”. Il discepolo che aderisce fedelmente al suo maestro e ne accoglie le istruzioni impara a conoscere la meta della vita e la strada per raggiungerla, è capace di auto critica, può aiutare gli altri nella correzione e nella guida.”
S.E. Mons. Francesco Cavina, Vescovo di Carpi