nella foto : il Titanic affondato durante il viaggio inaugurale nell’aprile del 1912
Tutte le cronache e i documenti dell’epoca narrano che durante le convulse ore del disastro l’orchestrina del Titanic, composta da otto elementi, abbia continuato a suonare fin quasi all’epilogo finale tanto è vero che tutti i suoi componenti furono tra le vittime.
Questo episodio tragico e famoso, molto citato in tante occasioni, mi ritorna alla mente dagli ultimi 15 giorni. Tutto lo sport professionistico si è comportato fino ad oggi come l’orchestrina del Titanic. I massimi dirigenti dello sport mondiale che ormai ha perso da tempo la caratteristica e la purezza dello sport e delle tradizioni di Olimpia per assumere sempre più, a tutti i livelli, il connotato di organizzazione affaristica che ha come unico scopo guadagnare montagne di soldi da suddividere poi sopratutto tra i principali protagonisti dello spettacolo (giocatori e allenatori) ai dirigenti delle organizzazioni e in parte anche alle Società.
Se l’Nba ha il pregio di non fare mistero della propria missione, gli altri, calcio compreso, fingono di seguire ferree regole di merito sportivo quando invece hanno costruito un business miliardario che, in teoria, non potrebbe e deovrebbe fermarsi mai, all’insegna del più classico “the show must go on”.
Calendari compressi dai ritmi insostenibili, gare disputate a qualsiasi latitudine e in qualsiasi orario, giocatori che subiscono infortuni che li mettono ai box per mesi, roster sempre più ampi per consentire il ricambio dei protagonisti che in caso contrario non potrebbero reggere.
Le colpe dei giocatori non sono certo inferiori a quelle dei dirigenti, i loro agenti si sono trasformati in multinazionali con introiti a sei zeri che utilizzano tutti i mezzi, qualche volta anche ai limiti del lecito, per fare gli interessi del loro assistito e di sè stessi. Mettendo in più occasioni le Società con le spalle al muro, operando veri e propri ricatti morali pur di portare contratti in cui, un giovane che sa dare quattro calci a un pallone o ha una buona mano sul perimetro, può arrivare a guadagnare 10 o 15 volte un Primario che salva vite umane o, nel caso del basket, “solo” 2-3 volte.
In virtù di questa situazione è comprensibile che vi sia stata la tentazione d’imitare l’orchestrina del Titanic : solo oggi l’Eurolega ha dovuto, obtorto collo, rassegnarsi a chiudere tutto. Molto tardiva la decisione e credo che questo, unito ai tentennamenti precedenti iniziati con la pessima pagina dell’iniziale non decisone su Darussafakà – Virtus, in cui Eurolega, novello Ponzio Pilato, aveva comunicato che le decisioni di Erdogan non erano affar suo.
Penso che finito questo finimondo, a bocce ferme, ci si dovrà interrogare sulla direzione da prendere e dove lo sport (a noi interessa il basket), voglia andare. Che la massima competizione europea per club sia una congregazione affaristica che non tiene in nessun conto il merito sportivo e i criteri di partecipazione siano solo legati al budget, all’impianto e alla organizzazione, rappresenta un’anomalia intollerabile che, perfino il calcio, non ha mai avuto il coraggio di attuare.
In questo frangente il sistema ha mostrato tutti i suoi limiti e questa pausa potrebbe aiutare almeno a riflettere per migliorare. Inutile tuttavia negare che tutto dipende dagli stipendi dei giocatori che rappresentano il 70-80 % dei bilanci delle Società, per riportare il movimento alla realtà, viste le perdite previste in questi mesi, dovrà esserci un senso di responsabilità da parte di tutti agenti, giocatori e dirigenti.
Per inquadrare meglio l’entità del problema secondo i modelli matematico statistici più utilizzati il picco massimo del contagio da COVID 19 è previsto, ahimè, per la seconda metà di aprile, se tutto andrà bene come speriamo, la liberalizzazione per consentire di mettere migliaia di persone vicine in un palazzetto non avverrà prima della fine di maggio, cosa si potrà fare dopo ? Impensabile concludere il torneo e nemmeno i play off, almeno così come sarebbero previsti, Fip – Lega e Società dovranno studiare una formula che consenta almeno di assegnare lo scudetto e stabilire le retrocessioni.
Per quanto riguarda l’Eurocup l’idea di Luca Baraldi di concludere con una final eight con formula tipo Coppa Italia è ottima e, dopo un iniziale scetticismo, sembra aver trovato l’appoggio di 7 società su 8 (mancherebbe Monaco ma i monegaschi da soli non giocano). Il problema vero però è nella testa dei giocatori, continuare ad allenarsi per due mesi senza mai giocare è una tortura da non augurare al peggior nemico ma sempre meglio che beccarsi il virus.